Quando l’amore diventa una droga - Dott.ssa Carolina Fallai
Drogate d'amore

Quando l’amore diventa una droga

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Si può morire per amore? Per molte donne sì. Ci si può spegnere giorno dopo giorno diventando schiave di un uomo. Per lui si accetta tutto, anche tradimenti e umiliazioni. Si rinuncia ai propri interessi ma, soprattutto, a se stesse. Si può diventare dipendenti da un uomo come da una droga: anche se fa stare male, non si riesce più a farne a meno.

La dipendenza affettiva è una patologia grave e invalidante quanto le dipendenze chimiche, con crisi di astinenza, follie per procurarsi ciò di cui si è schiavi, perdita di interesse per il resto della propria vita. Questa forma di ossessione almeno in Italia non viene riconosciuta come una vera malattia e spesso viene sottovalutata o confusa con altre problematiche che in genere si sovrappongono a questa, tanto da mascherarla: depressione, disturbi d’ansia, disturbi dell’alimentazione, abuso di sostanze. Le persone che ne soffrono dunque vengono curate per questi sintomi senza che la causa principale venga mai realmente affrontata e risolta.

Eppure il meccanismo è lo stesso di qualsiasi forma di dipendenza: alcool, droga, cibo. Lo ha dimostrato una recente ricerca inglese che ha trovato delle correlazioni a livello biochimico tra tossicodipendenza e amore malato. Secondo uno studio condotto dal National Centre del Maudsley Hospital di Londra l’uso di stupefacenti ha sul sistema nervoso il medesimo effetto di una passione d’amore travolgente: in entrambe i casi viene prodotta una maggiore quantità di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere che entra in gioco in tutte le forme di dipendenza. Una volta in circolo, questo mediatore chimico raggiunge l’ipotalamo che ordina al surrene di secernere adrenalina, il neurotrasmettitore dello stress, che fa sentire “su di giri”. Queste sostanze creano un effetto piacevole ma autodistruttivo, che dà assuefazione e bisogno continuo di ricercare quelle sensazioni e quindi un continuo bisogno di ricercare relazioni di questo tipo.

Secondo un autore che ha svolto diverse ricerche in questo campo, Giddens la dipendenza affettiva presenta alcune specifiche caratteristiche che sono tipiche di tutte le dipendenze in generale:

- l’ebbrezza: il soggetto affettivamente dipendente trae una sensazione di ebbrezza e benessere dalla relazione col partner, che diventa indispensabile per la sua sopravvivenza emotiva.

- la ricerca della dose: il soggetto dipendente ha bisogno di quantità sempre maggiori di tempo da spendere insieme al partner. Il soggetto sente di esistere solo quando c’è l’altro. L’altro è visto come un’evasione, come l’unica forma di gratificazione della vita. Le normali attività quotidiane finiscono per essere trascurate. Se la dipendenza è reciproca la coppia si chiude al resto del mondo e si alimenta di se stessa.

Chi sono le drogate d’amore

Già nel 1945 lo psicanalista Fenichel nel libro “Trattato di psicanalisi delle nevrosi e psicosi” introduceva il termine amoredipendenti per indicare quelle persone che necessitano dell’amore come altre necessitano del cibo o della droga. Gli amoredipendenti hanno un enorme bisogno di essere amati nonostante abbiano scarse capacità di amare. Spesso sono donne e uomini fragili che si sentono inadeguati e sono alla continua ricerca di un amore che li gratifichi e li faccia sentire degni di essere apprezzati. Essi elemosinano continuamente dal partner maggior amore, ottenendo, però, il risultato opposto. Si legano a partner che considerano non adatti a loro, ma nonostante ciò li renda arrabbiati ed infelici non riescono a liberarsi di quest’ultimi.

La donna che ha problemi di dipendenza affettiva quando incontra il partner con cui potrebbe instaurare una relazione positiva non riesce nemmeno a vederlo perchè lo considera troppo “a posto” e quindi non interessante. Essa tende ad essere attratta da uomini immaturi, egoisti, distanti emotivamente e spesso problematici. Possono essere tossicodipendenti, uomini sposati, seduttori seriali, dipendenti dal lavoro che stanno sempre in ufficio o eterni Peter Pan che rifuggono dalle responsabilità e non vogliono impegnarsi.

Ma perchè continua a stare insieme a un partner che la trascura, la sfrutta, la cerca solo quando ne ha bisogno o ne ha voglia, la tradisce o addirittura la picchia? Perchè è proprio dal rifiuto e dal bisogno di essere accettati che trae energia questo tipo di relazioni. Paradossalmente se il partner fosse disponibile il presunto amore non durerebbe. Infatti la dipendenza si alimenta del dolore implicito nelle difficoltà e cresce proprio grazie al fatto che l’oggetto d’amore è irraggiungibile.

Secondo la psichiatra Marta Selvini Palazzoli quello che incatena nella dipendenza affettiva è l’ingiustificata, sconsiderata presunzione di farcela, l’assurda convinzione di riuscire prima o poi a farsi amare da chi proprio non vuole saperne di amarci o di amarci nel modo in cui noi pretendiamo.

Ma non smetto quando voglio

In tutte le dipendenze la difficoltà principale sta nell’ammettere di avere un problema: l’alcolista pensa di non bere poi così tanto e il drogato è convinto di poter smettere “quando vuole”. La malata d’amore in alcuni momenti riesce ad essere lucida sulla natura della relazione che ha con l’altro e a prendere consapevolezza che la dipendenza è dannosa e sarebbe necessario farne a meno. Ma è difficile uscirne perché subito subentra la considerazione di essere dipendenti e la paura di non poter vivere senza il partner e ciò rafforza il basso livello d’autostima personale e quindi spinge ancora di più verso l’altro.

Il primo passo per uscire dalla dipendenza affettiva è riconoscere di avere bisogno di aiuto. Riconoscere che se si incappa sempre nell’uomo sbagliato non è una questione di sfortuna ma dipende da noi, da come siamo fatti. Molto spesso, nonostante il ripetersi sempre dello stesso schema relazionale con partner diversi tendiamo a pensare che la causa della nostra sofferenza sia l’altro che ci maltratta o non ci ama e non ci rendiamo conto che siamo noi stessi a ricercare proprio quel tipo di sofferenza.

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Commenti

  1. Michela

    01/03/2017 at 6:12 pm

    Tutto vero. A volte andare da uno psicologo sembra non bastare….che fare?

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