Corpo, mente ed emozioni - Dott.ssa Carolina Fallai

Corpo, mente ed emozioni

Lo studio delle relazioni tra mente e corpo non è una novità. In Oriente esiste un’antica tradizione di studio su questo aspetto. In India e in Cina il corpo e la mente sono visti come aspetti inseparabili della persona. Le culture e filosofie orientali sono caratterizzate da un approccio olistico nei confronti della vita umana.

In Occidente, la nostra impostazione culturale e filosofica ha risentito della visione dualistica nata con Cartesio, che ha sancito la netta separazione di mente e corpo, res cogitans e res extensa. Cartesio fu il primo a considerare il corpo umano come una macchina che soggiace alle leggi della fisica e che rimane autonoma e indipendente da tutto ciò che le sta intorno. Le idee espresse da Cartesio oggi potrebbero sembrare semplicistiche ma, nel bene e nel male, hanno favorito la diffusione delle tendenze meccanicistiche e deterministe che sono alla base della nostra scienza occidentale.
Questo dualismo mente-corpo si riflette ancora in tutte le nostre istituzioni e in tutti i nostri processi culturali. La separazione degli aspetti psichici da quelli corporei, la svalutazione della dimensione emozionale e la visione meccanicista hanno però portato l’uomo ad essere considerato come un insieme di organi e funzioni, facendo venire meno il senso della sua unicità e complessità.
Dividendoci in due parti noi incoraggiamo la specializzazione e la differenziazione intensiva di tutte le nostre attività. La medicina tradizionale si basa ancora sulla ricerca di leggi meccanicistiche di causa-effetto nella spiegazione delle malattie. In tutte le professioni di cura purtroppo manca ancora una visione psicosomatica unitaria. I medici curano le malattie del corpo, gli psicologi quelli della mente, mentre i maestri di culto delle varie religioni si occupano delle malattie dell’anima.
Non ci si può stupire che oggi i nostri corpi e le nostre menti entrino in concorrenza e in conflitto, e che non comunichino più tra di loro. Questa scissione produce in noi disarmonia e malessere.
In realtà noi dobbiamo considerare che ogni cellula del nostro corpo è collegata strutturalmente e funzionalmente ad ogni altra cellula del corpo. E che i nostri pensieri sono interconnessi con le nostre cellule in un modo più profondo di quanto non possiamo immaginare.

Antonio Damasio, psicologo e neuroscienziato di fama mondiale, nel suo celeberrimo saggio “L’errore di Cartesio”, sottolinea, appunto, l’errore della tradizione filosofica dualistica che secondo lui ha dementalizzato il corpo e smaterializzato la mente. Damasio propone al contrario una visione unitaria dell’individuo, inteso come unione di ragione, emozione, corpo e sentimenti. Lo scienziato, infatti, sostiene che il cervello non può essere studiato senza tenere conto del corpo nel quale è incarnato e dei rapporti che esso instaura con l’ambiente circostante. Antonio Damasio si spinge fino ad affermare che le emozioni hanno un nucleo biologico, sono innate e inconsce collezioni di risposte chimiche e neurali, usano il corpo come teatro ed influenzano il funzionamento di numerosi circuiti del nostro corpo.

IL PROBLEMA CORPO-MENTE NELLA PSICOLOGIA

Anche la psicologia è stata a lungo influenzata dal dualismo filosofico presente nel pensiero di Cartesio.

Il termine “emozione” è stato impiegato per la prima volta dalla metà dell’Ottocento per descrivere uno stato di perturbazione psicologica, la cui presenza era associata a stati di malattia nervosa. Alla base di questo concetto vi era l’idea che le emozioni erano delle  forze incontrollabili e pericolose, in grado di possedere l’uomo contro la sua volontà. Infatti, a partire dalla filosofia classica, fino alla Scolastica per arrivare a Cartesio, tutto ciò che apparteneva al corpo era considerato inferiore rispetto a ciò che apparteneva alla mente. Bisogni del corpo, istinti ed emozioni erano visti come una minaccia per la libertà e la serenità dell’uomo. L’emozione fu considerata sempre in contrasto alla ragione, così come il cuore alla testa, l’irrazionale al razionale, l’impulso alla volontà, la vulnerabilità al controllo, il caos all’ordine, il naturale al culturale, il femminile al maschile e così via.

Quando la psicologia fu fondata come scienza, in un primo tempo l’attenzione degli psicologi fu rivolta allo studio scientifico di vari aspetti della psiche che erano oggettivamente osservabili e quantificabili (comportamento, memoria, attenzione, linguaggio, percezione) escludendo completamente gli aspetti emotivi e soggettivi, poiché non potevano essere studiati col metodo sperimentale.

Nei primi del ‘900 la Psicanalisi si è invece concentrata sugli aspetti irrazionali dell’essere umano, sull’analisi dell’inconscio, dei conflitti, le paure, i traumi e sugli aspetti patologici: la malattia mentale era considerata come un guasto da riparare, si guardava alla macchina-uomo rotta nelle sue parti, senza guardare al buon funzionamento dell’insieme. Nella psicoanalisi il corpo era un vero e proprio tabù, l’analista non poteva toccare il paziente, la terapia doveva essere il più possibile asettica perché il terapeuta doveva essere il più possibile oggettivo e non farsi influenzare dalle emozioni del paziente.

 Lapproccio psicosomatico nella psicologia

La nascita della medicina psicosomatica risale al 1939, in America, per opera di un gruppo di psicanalisti, fra cui Franz Alexander fu l’esponente di maggior rilievo. La società di medicina psicosomatica fu fondata con l’intento di operare una riforma all’interno della medicina e per promuovere la considerazione dei fattori psicologici e sociali nell’eziologia di varie malattie.

La medicina psicosomatica attinse molto dalla psicoanalisi e ipotizzò che ci fossero dei legami specifici tra certi eventi stressanti e lo sviluppo di determinate malattie somatiche. Secondo questa corrente la presenza di conflitti intrapsichici o di determinati tratti di personalità potevano predisporre alcune persone al rischio di sviluppare determinate malattie psicosomatiche.

Tuttora molte intuizioni di Alexander restano valide, anche se sono state rivedute ed aggiornate. Il termine di “malattia psicosomatica” è stato abolito negli anni ’70, anche se ancora oggi rimane come concetto ampiamente accettato per fare la distinzione tra un disturbo che privilegia l’area psichica e uno che invece coinvolge prevalentemente l’area somatica. In effetti in una visione moderna, non ha senso parlare di malattia psicosomatica perché tutte le malattie hanno una componente fisica e una componente psicologica.

Alla fine del ‘900, grazie agli sviluppo della neurofisiologia e delle neuroscienze, il problema delle relazioni tra corpo e mente è tornato in primo piano. La ricerca ha confermato l’esistenza di un complesso sistema di interazioni tra emozioni, sistema nervoso autonomo, sistema endocrino e sistema immunitario.

La psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) è la disciplina che studia i rapporti tra psiche, sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario. Questa nuova scienza sta diventando una delle branche più interessanti e in rapido sviluppo della medicina moderna.

Uno dei maggiori contributi alla nascita di questo campo di studi si deve alla ricercatrice americana Candace Pert (1997) la quale ha scoperto delle molecole, chiamate neuropeptidi, che svolgono la funzione di mediatori chimici sia delle informazioni, sia delle emozioni. Queste cosiddette “molecole delle emozioni” vengono rilasciate nel corpo attraverso le fibre nervose periferiche e sono presenti praticamente in tutte le cellule del corpo, nel sistema nervoso, nel sangue, nel sistema immunitario e nell’intestino. E’ stato dimostrato che i neuropeptidi possono attivare o sopprimere la risposta immunitaria dell’organismo. Per la prima volta è stato spiegato il meccanismo per cui è possibile che uno stato di infiammazione abbia un’origine nervosa. E’ stato quindi confermato scientificamente quello che la medicina psicosomatica aveva ipotizzato negli anni ‘30 del secolo scorso, ovvero che nella patogenesi di alcune malattie è forte ed evidente l’interconnessione tra corpo e mente.

Mentre fino a circa venti anni fa le ricerche nel campo della neurofisiologia e la pratica della psicoterapia erano due settori distinti e considerati quasi inconciliabili, oggi grazie ai nuovi sviluppi delle neuroscienze per fortuna si assiste a un progressivo avvicinamento delle due discipline. Oggi la collaborazione tra psichiatri e psicoterapeuti è il segnale di un dialogo tra professionisti della medicina e della psicologia: ormai si sta diffondendo sempre più il trattamento integrato di psicofarmaci e psicoterapia, che ha maggiori probabilità di riuscita rispetto a una terapia farmacologica classica.

 La psicologia umanistica e la Psicosintesi

L’approccio meccanicistico delle due grandi scuole di psicologia, comportamentismo e psicanalisi, è stato superato intorno agli anni ’50-60 con lo sviluppo della corrente umanistica. Gli autori principali di questa corrente furono Abrahm Maslow, Rollo May, Carl Rogers, Carl Gustav Jung, Roberto Assagioli, Fritz Perls.

Le psicologie umanistiche hanno avuto il grande merito di affermare la centralità dell’essere umano considerato nella sua interezza corporea, psichica, cognitiva, emotiva, spirituale. Queste dottrine hanno rifiutato la visione pessimistica di Freud e si sono interessate, più che della patologia, alla crescita umana e al processo di autorealizzazione. L’uomo non è più una macchina da aggiustare ma un organismo che, quando manifesta un disagio, sta esprimendo un bisogno di evoluzione e di cambiamento. In questa prospettiva la malattia fisica o il dolore possono essere considerati come un sintomo di qualcosa che non va nell’intero sistema esistenziale dell’individuo.

La Psicosintesi, fondata in Italia da Roberto Assagioli, offre una visione olistica e integrata dell’essere umano. Assagioli ha sempre dato molta importanza all’aspetto corporeo nel processo terapeutico tanto che egli stesso, nel 1966 affermava: “Il vero nome della psicosintesi dovrebbe essere in realtà biopsicosintesi, al fine di accentuare la inclusione del corpo nella completa sintesi della personalità umana.”

Le considerazioni di Assagioli, che è stato uno dei primi fondatori della Società Italiana di Medicina Psicosomatica, oggi appaiono molto moderne e in linea coi tempi.  Nella visione della Psicosintesi mente, corpo ed emozioni sono intrinsecamente collegati con l’anima. L’anima utilizza il corpo per esprimersi nel mondo ed effettuare il suo progetto esistenziale. L’Io personale si radica nel corpo insieme alle sue funzioni.

Per questo motivo, anche se la Psicosintesi non è prettamente una psicoterapia ad orientamento corporeo, in questa corrente psicologica il corpo viene considerato come la base da cui partire per lo sviluppo umano e spirituale dell’individuo. Assagioli era un grande conoscitore delle filosofie orientali e ha preso spunto ampiamente dallo yoga e da altre discipline corpo-mente. Per esempio nella Psicosintesi si fa grande uso della meditazione buddista come mezzo per entrare in contatto con il corpo e si dà molta importanza alla respirazione.

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