Disturbi d’ansia e attacchi di panico - Dott.ssa Carolina Fallai

Disturbi d’ansia e attacchi di panico

Queste pagine traggono spunto dalla mia tesi di specializzazione in psicoterapia sui disturbi d’ansia e gli attacchi di panico. L’interesse verso questo argomento è nato dalla constatazione che i disturbi d’ansia, e in particolare i disturbi da attacchi di panico, oggi sono sempre più attuali e diffusi. Anche nel mio lavoro clinico ho notato che la maggior parte dei miei pazienti soffrono in maniera più o meno grave di stress, disturbi d’ansia, disturbi psicosomatici e attacchi di panico.

Recenti indagini mostrano che negli ultimi 15 anni si è verificato un aumento esponenziale nella diffusione dei disturbi d’ansia: secondo le statistiche il 4% della popolazione italiana (circa due milioni e mezzo di persone, soprattutto donne) soffre di ansia, attacchi di panico e agorafobia. In particolare, questi disturbi sono maggiormente diffusi nella popolazione giovanile, nella quale è stato stimato che almeno il 30% degli individui è andato incontro a crisi d’ansia di lieve entità nel corso della sua vita.

Stress

Quali possono essere le cause di questa vera e propria moderna epidemia di ansia e disturbi da attacchi di panico?

Fattori sociali e culturali

Molti studi sulla genesi dei disturbi d’ansia sono stati concentrati sul ruolo di fattori stressanti come perdita del lavoro, lutti o separazioni oppure sono stati focalizzati sulla ricerca di cause remote come le ferite o i traumi infantili, trascurando perciò di considerare anche i fattori legati al momento storico in cui stiamo vivendo.

Alcuni sondaggi effettuati hanno rivelato che molti italiani attribuiscono il loro disagio allo stress legato all’ambiente caotico dei grandi centri urbani e alla pressione causata dallo stile di vita moderno, con i suoi ritmi frenetici e insostenibili, denso di impegni e di responsabilità che generano ansia e preoccupazione.

Dalle interviste emerge inoltre che gli italiani risentono della crisi sociale ed economica che sta attraversando il nostro paese: lo stato d’insicurezza economica, il precariato, la disoccupazione creano un clima di ansia e timore diffuso soprattutto nei giovani, che si ritrovano senza prospettive e senza la possibilità di costruirsi un futuro.

Oggi viviamo in un clima generale di crisi, non solo economica ma anche sociale e culturale: la mancanza di punti di riferimento dovuta alla crisi dei valori e delle istituzioni creano smarrimento e confusione negli adolescenti e nei giovani adulti.

In secondo luogo molte persone soffrono per la dilagante solitudine in cui ci troviamo a vivere: sembra che oggi manchi persino il tempo per coltivare le relazioni, i rapporti sono sempre più precari e superficiali, mancano di sincerità e spesso sono dettati da interessi e opportunismo; molte relazioni negli ambienti di lavoro sono caratterizzate da competizione, mancanza di solidarietà e di calore. L’isolamento sociale fa sentire le persone sole e senza sostegno o comprensione nei momenti di difficoltà, questo è un elemento che crea ansia e paura: paradossalmente, in questo mondo in cui siamo tutti connessi tramite Internet e i Social Network, siamo più soli che mai.

Infine, da considerare anche il clima sociale e culturale in cui siamo immersi: la cosiddetta “società del benessere” impone degli standard di successo economico e di perfezione fisica molto alti, e chi non riesce a uniformarsi ad essi si sente escluso o fallito o perde l’autostima. In questa società che fondamentalmente vive di apparenza, si enfatizza soprattutto il potere della ragione e della volontà a scapito dei bisogni del cuore e dell’anima; così, in un mondo in cui tutti dobbiamo essere perfetti, la sofferenza emotiva è considerata “da perdenti” e perciò ogni segnale di malessere psicologico viene rifuggito e anestetizzato con ogni sforzo possibile. Tutto ciò che però viene bandito, eliminato dal campo di coscienza, si accumula nell’inconscio creando ansia e tensione.

L’alienazione 

In effetti, come Umberto Galimberti scrive nel suo saggio “Il corpo” (2005), per adattarsi ai ritmi frenetici e alienanti di questo mondo in continuo cambiamento, l’uomo moderno è costretto a effettuare una sorta di “rimozione” del corpo cosicché la mente, protesa in impegni da sbrigare e in mille preoccupazioni quotidiane, finisce per alienarsi da esso.

In questa corsa verso il raggiungimento dei nostri obiettivi, mentre rincorriamo i nostri traguardi o ci spendiamo per appagare i nostri bisogni, spinti da una logica consumista e materialista, siamo arrivati al punto che il corpo viene ridotto a mezzo per raggiungere dei fini e spesso viene abusato e portato fino all’esaurimento. Spesso si tende a trascurare il corpo e a non ascoltare i suoi segnali di disagio perché siamo troppo di corsa e ci manca persino il tempo di fermarsi a sentire e percepire il nostro malessere.

Ecco perché è proprio il corpo alla fine a cedere e ad ammalarsi: dolore, stanchezza cronica, malesseri psicosomatici, ansia e attacchi di panico sono all’ordine del giorno. Visti in questa prospettiva psicosomatica, l’ansia e l’angoscia, piuttosto che essere vissuti come sintomi da eliminare velocemente per stare bene e ritornare a svolgere le nostre attività, possono essere considerati come segnali d’allarme da parte del nostro organismo che ci chiede di cambiare atteggiamento e di rivolgere maggiore cura al nostro corpo e alla nostra interiorità.

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