Uno dei filoni principali di ricerca all’interno della psicosomatica riguarda il ruolo dello stress e delle emozioni nello sviluppo delle malattie. Recentemente le ricerche in ambito psicosomatico hanno ricevuto grande impulso grazie agli sviluppi delle neuroscienze che, grazie ai sofisticati mezzi d’indagine che permettono di osservare l’attività cerebrale in tempo reale, hanno potuto fare luce sui complessi meccanismi neurofisiologici che stanno alla base delle risposte emotive, normali e patologiche, e hanno chiarito meglio gli effetti dello stress sullo sviluppo dei disturbi mentali. Questi studi hanno chiarito che lo stress gioca un ruolo chiave nello sviluppo dei disturbi d’ansia e degli attacchi di panico.
L’asse dello stress
Hans Selye (1956) è stato il primo a descrivere la risposta fisiologica dell’organismo allo stress. Egli dimostrò che la reazione di stress è un meccanismo di adattamento innato che scatta automaticamente ogni volta che la sopravvivenza dell’individuo è minacciata. Per stress si intende qualsiasi evento in grado di turbare l’equilibrio dell’organismo e metterlo in pericolo. Secondo Lazarus (1999) sia che si tratti di un’infezione batterica, di un’aggressione, di un incidente stradale o della perdita di una persona cara, il nostro organismo è predisposto per rispondere alla minaccia percepita attraverso alcune modificazioni fisiologiche che lo mettono in stato di allerta e consentono all’organismo di prepararsi a fronteggiare l’evento stressante, reazioni che a livello psichico sono collegate a una emozione di ansia e di paura.
Precisamente, la risposta di stress consiste prevalentemente nell’attivazione di due sistemi:
- l’asse ipotalamo-ipofisi-midollare del surrene grazie alla secrezione di adrenalina e noradrenalina;
- il sistema ipotalamo-ipofisi-corticale del surrene con la secrezione neuroendocrina degli ormoni dello stress (cortisolo, ACTH).
L’effetto di adrenalina e cortisolo è quello di aumentare lo stato di allerta dell’organismo, attivare la concentrazione mentale, mobilitare energia per metterla a disposizione dei muscoli e aumentare il tono cardiovascolare e la capacità respiratoria.
Il sistema della paura
Secondo il neuroscienziato americano Jaak Panksepp (1998) la paura è una delle cinque emozioni di base che si sono evolute per garantire la sopravvivenza dell’individuo: essa permette di riconoscere prontamente una minaccia e di prepararsi ad affrontarla. L’ansia, così come la paura, svolge una importante funzione di difesa perchè consente addirittura di anticipare la percezione di un eventuale pericolo prima ancora che quest’ultimo sia sopraggiunto, preparando all’azione.
Joseph Le Doux (2002) ha scoperto che l’amigdala, una piccola struttura neuronale situata alla base del sistema limbico, svolge un ruolo fondamentale nelle risposte di paura: non appena i nostri sensi percepiscono un segnale di possibile minaccia, questa piccola struttura invia segnali verso alcune strutture del tronco dell’encefalo e verso vari nuclei dell’ipotalamo che attivano la produzione degli ormoni dello stress e tutte le reazioni neuroendocrine prima descritte.
Come nascono i disturbi d’ansia
Sebbene l’ansia e la paura abbiano un valore di sopravvivenza notevole, nell’essere umano la risposta di stress può essere scatenata anche dalla sola anticipazione mentale di un possibile pericolo e perciò il solo atto di pensare a qualcosa di preoccupante può causare ansia e apprensione.
Da questo possono derivare dei problemi e nascere dei disturbi: alcune persone, se vengono sottoposte a stress intenso e in maniera prolungata, tendono a sviluppare una risposta di allarme generalizzata: lo stress cronico le porta a convincersi che bisogna stare sempre in guardia e alla lunga il sistema della paura, costantemente iperattivato, inizia a produrre risposte neurovegetative esagerate di fronte a qualsiasi stimolo stressante. Di qui la via per un disturbo d’ansia o un disturbo da attacchi di panico è breve.
Secondo Le Doux (2002), il fatto che determinati stimoli siano in grado di suscitare in noi delle emozioni di paura dipende dalle esperienze che abbiamo fatto nel passato. Questo meccanismo si chiama condizionamento della paura ed è stato scoperto attraverso vari esperimenti sui ratti. Sottoponendo dei ratti ripetutamente a uno stimolo doloroso, Le Doux ha osservato che nell’amigdala si moltiplicano le connessioni e ha notato che i ratti cominciano a mostrare una risposta di stress anche alla sola vista di uno qualunque degli elementi della situazione in cui hanno provato dolore.
Questo è stato dimostrato anche nell’uomo: l’amigdala può provocare una reazione di stress in presenza di qualsiasi elemento che lo ricollega a una situazione traumatica, senza che avvenga alcuna valutazione consapevole dello stimolo. Così, anche un luogo o una situazione particolare possono suscitare paura intensa, come avviene infatti nelle persone che soffrono di attacchi di panico, che tendono ad associare le crisi a certe situazioni e luoghi specifici nelle quali si è verificato il primo attacco e quindi imparano a temere ed evitare tutte le situazioni che li possono ricollegare ad esso.
Le Doux ha illustrato che nel fenomeno della paura sono implicate due vie cerebrali: una via breve, che dal talamo passa direttamente all’amigdala e fornisce all’amigdala solo una rappresentazione imprecisa dello stimolo, innescando così una risposta puramente emotiva e istintiva che consente all’organismo di rispondere ai possibili pericoli scatenando la tipica reazione di stress anche prima di sapere esattamente quali siano; e una via lenta che dal talamo passa prima per la corteccia e poi proietta all’amigdala e ha un tempo di elaborazione superiore perché nelle aree prefrontali lo stimolo emotivo viene elaborato prima di raggiungere la consapevolezza. Le aree associative della corteccia prefrontale formano dei giudizi sulle informazioni ricevute e poi promuovono comportamenti basati su questi giudizi. Tuttavia, questo secondo circuito, essendosi evoluto in tempi più recenti, possiede minori connessioni ed è meno efficiente rispetto al primo ed è per questo che per gli esseri umani è ancora molto difficile controllare e gestire le proprie emozioni.
Tra l’altro Le Doux ha notato che le reazioni emotive apprese attraverso l’amigdala sono molto persistenti e che anche a molta distanza di tempo dall’evento traumatico l’amigdala può seguitare a reagire in maniera del tutto automatica di fronte a un elemento ambientale. Questo significa che le risposte di paura scattano al di fuori della nostra volontà e del nostro controllo e che, ogni volta che ci troviamo in una situazione che ci provoca ansia, deve intervenire un processo di elaborazione psichica a livello delle cortecce associative per impedire che esse si manifestino anche quando non sono più appropriate. Questo autore è riuscito così a spiegare la ragione per cui spesso siamo schiavi delle nostre paure, anche se razionalmente le riteniamo irragionevoli, e ha fornito così una motivazione alle risposte emotive abnormi, come quelle implicate nei disturbi d’ansia, negli attacchi di panico e nelle fobie.
E’ stato documentato inoltre che a seguito di stress elevato si verifica una riduzione del volume dei lobi prefrontali, che come abbiamo visto sono aree importanti per la regolazione del comportamento emotivo mentre l’amigdala in caso di stress emotivo tende a ingrandirsi e diventare iperattiva. Tutto ciò spiega come mai lo stress eccessivo o prolungato provoca delle modificazioni cerebrali e delle reazioni fisiologiche che interferiscono con la nostra normale capacità di gestire le emozioni, di prendere decisioni consapevolmente e di ragionare in maniera logica.
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